La maledizione dei Brando. Nella notte del 16 maggio 1990 la polizia fa il suo ingresso in una villa sulle colline di Santa Monica. Gli agenti trovano il corpo di un ragazzo tahitiano riverso su un divano: è Dag Drollet. Accanto a lui la sua fidanzata, una bellissima ragazza di nome Cheyenne e il fratello di lei, Christian, che è l'assassino. Tutto sembra molto chiaro fin quando, nella stanza, fa il suo ingresso il padre dei due ragazzi. È una vera e propria leggenda che ha dato volto e voce ad alcuni tra i più grandi personaggi della storia del cinema: il colonnello Kurtz di "Apocalypse Now", Stanley Kowalski di "Un tram chiamato desiderio" e Vito Corleone de "Il padrino". È Marlon Brando
E' la mattina del 14 novembre 1975. In un appartamento di Vercelli vengono trovati cinque cadaveri crivellati di colpi. È una strage che sconvolge tutto il paese. Colpevole è una ragazzina che sembrava normale, ma che si è rivelata una oscura insospettabile stella nera: Doretta Graneris. Le vittime, infatti, sono i suoi genitori, i suoi nonni e il suo piccolo fratello.
Cosa c'entra il più grande attore della storia del cinema a luci rosse con una misteriosa strage compiuta in uno dei sobborghi residenziali di Los Angeles? Una storia che non è mai stata completamente chiarita. Nel 1988, due settimane prima della morte, alcuni investigatori raggiungono in ospedale John Holmes, nella speranza di ottenere finalmente informazioni sulla strage di Wonderland, rimasta irrisolta, ma lui continua a tacere portandosi il segreto nella tomba.
Martedì 15 luglio 1997. A Miami è una bellissima mattinata piena di sole, il mare è calmo, e le palme sono scosse da una brezza leggera. Sono da poche passate le nove quando due colpi di pistola rompono la quiete e il corpo di un uomo resta a terra davanti al cancello d'ingresso di una magnifica villa. Quell'uomo è Gianni Versace. Il famoso stilista italiano. A due metri di distanza dal corpo giace una colomba bianca morta. E' un avvertimento? Una minaccia mafiosa? Niente di tutto questo. Perché Versace è rimasto vittima dell'incrocio fatale con un assassino dai molti volti e dai molti nomi; quello vero è Andrew Cunanan.
Aprile 1998. In meno di una settimana, vengono trovati i cadaveri di due donne barbaramente uccise nei bagni di due treni in transito nel territorio della Liguria. Subito scatta l'allarme e con esso la psicosi. E' meglio che in quella regione le donne non viaggino in treno da sole. Rischierebbero di trovarsi di fronte a qualcuno di terribilmente pericoloso. Quel "qualcuno" è Donato Bilancia, ladro, giocatore d'azzardo ma, soprattutto, spietato killer seriale.
E' notte fonda in un tranquillo complesso residenziale alla periferia di Johannesburg. Quattro detonazioni scuotono la quiete notturna. Nel bagno di un bell'appartamento giace il corpo di una ragazza con il volto deturpato. E' Reeva Steenkamp, la bellissima modella sudafricana che è passata sulle copertine dei magazine di mezzo mondo per essere diventata la fidanzata di Oscar Pistorius, l'uomo che ha incantato il mondo intero per la sua forza di volontà. Un ragazzo senza gambe che è riuscito a partecipare addirittura alle Olimpiadi. Nessuno lo avrebbe mai creduto possibile. Ma dietro la storia che tutti conosciamo ce n'è un'altra più oscura e terribile. Perchè quell'uomo che ha vinto una impossibile battaglia col mondo ha perso una sfida forse addirittura più importante: quella con se stesso.
Sono le 20.20 dell'11 dicembre 2006. Erba è una cittadina dalle strade ben ordinate situata proprio nel mezzo della Brianza. Quella sera però l'aria è pervasa da un pungente odore di bruciato. C'è un appartamento in un comprensorio di via Diaz 25 dal quale si innalza una piccola colonna di fumo nero. All'interno, tra le fiamme, ci sono i cadaveri di tre donne e di un bambino, e il corpo di un uomo in fin di vita; tutti selvaggiamente martoriati a colpi di spranga e di coltello. E' una delle stragi più efferate che siano state mai compiute in Italia. Un atto di una mostruosità tale che non fa il pari con le ragioni per le quali è stato perpetrato.
E' il 14 luglio 1998. C'è afa in tutto il Nord Italia. Qualcuno cerca refrigerio sulle sponde del Lago Maggiore. L''acqua lambisce placida l'erba dei prati e gli olmi, disposti lungo le rive, offrono ombre ai villeggianti. C'è un punto del lago in cui un piccolo torrente, il San Giovanni, sfocia velocemente con le sue scarne acque. Sono da poco passate le 16. All'improvviso un grido acuto squarcia quell'atmosfera ovattata; l'erba che lambisce l'acqua del lago è ora irrorata di sangue. Riversa supina c'è una sagoma umana. E' una ragazza giovane, dalla magrezza estrema e che non arriva alla trentina. Sul torace all'altezza del cuore ha conficcato un lungo coltello. Lontano, al largo, c'è invece un uomo che sta solcando a bracciate le acque del lago, cercando in tutti i modi di andare a fondo. E' Marco Mariolini. Un uomo che ormai ha consumato la propria parabola di perversione e violenza. Quella che vi stiamo per raccontare è la storia di una vera e propria ossessione, di un pensiero che non abbandona mai e come un ronzio continuo riempie le giornate anche se queste, agli occhi degli altri, sembrano scorrere tranquille. E' la storia dell'ossessione assoluta per il corpo sofferente delle ragazze anoressiche. E' la storia dell'ossessione di Marco Mariolini
Domenico Semeraro, l'imbalsamatore della Stazione Termini ( con i disegni di Chiara Fazzi). È il 25 aprile del 1990. E' notte fonda. In un rione storico di Roma, al numero 30 di via Castro Pretorio, c'è un bel portone incorniciato. Una targa indica la presenza del laboratorio di un tassidermista, cioè di un imbalsamatore. In quel momento però, all'interno del laboratorio, non ci sono soltanto le sagome immobili di uccelli e di altri animali impagliati. A terra giace una figura umana estremamente minuta. Ha il volto tumefatto e insanguinato. Malgrado le apparenze non si tratta di un bambino: è il cadavere di un uomo adulto anche se minuscolo. E' Domenico Semeraro, conosciuto anche come l'imbalsamatore della Stazione Termini. La sua morte ha svelato una storia di strane, perverse, abitudini sessuali che ha scosso l'opinione pubblica, riempiendo le pagine della Cronaca di Roma per mesi, accumulando giorno dopo giorno nuovi dettagli sempre più scandalosi, sempre più imbarazzanti perfino per i cronisti più navigati
Correggio, novembre 1939, siamo al numero 11 di Corso Cavour. Il cuore dell'appartamento è una bella cucina. C'è la stufa economica a legna, con i suoi fornelli, che funge anche da riscaldamento per i freddi inverni della bassa. Qualcosa ribolle dentro un calderone enorme. Di quelli che si usano per fare salsa e pomodori. C'è una donna che rimescola e controlla di tanto in tanto, apre i coperchi, guarda dentro, richiude. Al naso arriva un odore nauseabondo, di carne marcia. Che ti colpisce come un pugnale. E' questa forse la scena di un delitto? E se lo è, dov'è il corpo, dove il cadavere? L'orrore assume a volte le forme più impensate. A Stelle Nere la storia di Leonarda Cianciulli. Una storia ormai assurta a leggenda che nasconde il suo cuore in un mondo ormai lontano. Un mondo contadino fatto di fatica, sopravvivenza, e miseria… Una storia sospesa tra ottocento e novecento, una favola che la modernità nascente dell'Italia postbellica riesce, per l'ultima volta, a fotografare.
18 febbraio 1988. Siamo in un prataccio nel quartiere della Magliana, periferia di Roma . Sono le 7.30 del mattino. Un allevatore di cavalli nota una strana forma contorta, abbandonata tra calcinacci e rifiuti. E' il corpo di Giancarlo Ricci. Un giovane della zona: qualcuno lo ha ucciso. Ma l'assassino non si è limitato a questo. Lo ha torturato per ore e ore sottoponendolo a terribili incredibili sevizie. A compiere lo scempio, però, non è stata la criminalità organizzata o un professionista. E' stato un piccolo, timido uomo cui nessuno aveva prima prestato attenzione.... Pietro de Negri, proprietario di un negozio di toeletta per cani. Il 'Canaro' della magliana, lo chiamavano.
Castiglione delle Stiviere, 4 marzo 1984. E' carnevale. Due figure in maschera provano a dare fuoco alla discoteca Melamara, dove cinquecento ragazzi stanno ballando in pista. A finire in manette sono due giovanissimi rampolli della Verona bene, Wolfgang Abel e Marco Furlan. Il loro gesto, che può sembrare solo uno stupido scherzo, si scopre essere l'ultimo atto di una serie di orrendi delitti cominciati nel 1977 e firmati con una sigla neonazista: "Ludwig". Le loro vittime: reietti ed emarginati, poveri cristi, con l'unica colpa di non essere considerati 'normali'. Marco Marra racconta la scia di sangue che sconvolse l'Italia tra la fine degli anni '70 e la metà degli anni '80, rivelando l'orrore dietro le agiate vite di due insospettabili Stelle Nere
23 maggio 1988. Carcere San Pio X, Vicenza. Sono le 6.15 del mattino. Il secondino sta facendo la solita ronda. Quando arriva alla cella n. 19 grida il nome del detenuto: non riceve nessuna risposta. Roberto Succo è immobile sulla branda, col cuscino sulla testa. Si è soffocato con una busta di plastica e una bomboletta del gas. Ma quel delitto che ha compiuto su se stesso, a 26 anni, è solo l'ultimo di una lunga serie con cui ha insanguinato la Francia tra il 1987 e 1988. Diventato famoso Oltralpe come "l'assassino della luna piena", Roberto Succo è autore di morti assurde e fughe leggendarie. Marco Marra, come suo solito, ci condurrà tra il labirinti della mente dell'assassino, fino a scoprire il segreto che Roberto custodiva, uno sconcertante, orribile segreto all'origine del suo tragico destino.
Milano, 30 novembre 1946. Come ogni mattina, Pinuccia Somaschi va al lavoro. Fa la commessa in un negozio di stoffe e deve ritirare le chiavi a casa del suo datore di lavoro, Pippo Ricciardi. Quella mattina, però, curiosamente, la porta di casa Ricciardi è socchiusa e non appena mette piede all'interno… lo scenario che ha davanti è agghiacciante. A terra, c'è il corpo di una donna: la signora Ricciardi, moglie del principale, nella pozza del suo stesso sangue. Il cranio fracassato. Il sangue è ovunque, imbratta pavimento e pareti. Perché l'orrore non è finito: intorno alla donna tre cadaverini, i suoi figli, barbaramente trucidati uno a uno, senza pietà. "Il più nero delitto del secolo!" titolano i giornali. A finire in manette è l'amante abbandonata di Pippo Ricciardi: Rina Fort, una donna dal misterioso passato. Marco Marra, con il suo stile, racconta la tragica vita di una donna accecata dall'odio e dal rancore, e che è passata alla storia come la "Belva di San Gregorio".
Renato Vallanzasca, il "Bandito dagli occhi di ghiaccio", "il bel Renè", come la stampa lo ha ribattezzato. Il fuorilegge che è stato l'incubo delle forze dell'ordine e il sogno delle donne di mezza Italia. Uno strano anti-eroe per alcuni, un feroce bandito per altri. Stelle Nere ripercorrerà la parabola del criminale che, con la sua famigerata banda, in soli sette mesi ha messo a segno settanta rapine e quattro sequestri di persona. Un sinistro, ineguagliato primato. Marco Marra racconta la vita e le gesta del criminale che ha tenuto l'Italia con il fiato sospeso, a partire dal momento esatto in cui egli ha varcato la propria linea d'ombra, uccidendo con i suoi uomini due poliziotti in una fredda mattina del febbraio 1977. Una vita da irregolare, fuori dagli schemi, quella di Vallanzasca, cominciata con i piccoli furti, quando era appena un bambino. Una vocazione criminale che gli è costata 4 ergastoli e 295 anni di prigione, un cumulo di pene da record per l'Italia, che ha reso per sempre Renato Vallanzasca "una buia, autentica Stella Nera".
La vicenda di un delitto passionale sullo sfondo della Roma anni '60. Un delitto che segna emblematicamente la fine di una stagione indimenticabile: quella della dolce vita. Un triangolo infernale: lei e lui, una coppia del jet set internazionale, e l'altro, un giovane playboy dalla faccia d'angelo. Tutti egiziani, tutti ricchissimi. Una vicenda che un'inestricabile intreccio di passioni, rancori, vendette ha trasformato in uno dei casi più discussi della storia giudiziaria. Tutto comincia la mattina del 20 gennaio 1964, quando in una strada laterale di via Veneto, nell'ufficio della Tricotex, una segretaria scopre il cadavere orrendamente sfigurato del suo giovane capo. Si Tratta di Farouk Chourbagi. Le indagini punteranno quasi immediatamente in una sola direzione: quella del delitto amoroso. Il vetriolo che ha devastato il bel viso della giovane vittima ha l'inequivocabile sapore di una vendetta femminile. La sospettata numero uno è infatti la bellissima Claire che finirà in manette con il marito, l'industriale Youssef Bebawi. Ne nascerà un processo leggendario, dove marito e moglie si accuseranno a vicenda dell'assassinio del giovane amante di lei, Farouk. Con colpi di scena degni di un film hollywoodiano, il lunghissimo processo Bebawi metterà in luce la storia di una donna che voleva un amante senza rinunciare alla sua posizione sociale, la storia di un marito che voleva conservare la moglie ma al tempo stesso la sua onorabilità, e poi la storia di un giovane rampollo che frequentava tantissime donne, ne voleva una, ma era ossessionato da un'altra. Un torbido caotico groviglio di assurde e contrastanti passioni che alla fine non ha portato nessuno di loro a ottenere ciò che voleva. Come in ogni vera tragedia.
Marra racconta un caso poco noto della cronaca nera italiana, quello di Andrea Matteucci, ribattezzato il "mostro di Aosta". Una storia terribile, dalle tinte fosche, che la matita di Latina vira verso il chiaroscuro del fumetto gotico. Tutto comincia il 12 giugno 1995 quando quel che resta di Albana Dakovi, una prostituta albanese di appena vent'anni, sono solo gli schizzi e le macchie di sangue che colorano le felci e i bassi cespugli di una boscaglia a qualche chilometro da Aosta. Del corpo della ragazza però nessuna traccia. Una sorprendente, inattesa testimonianza porta all'arresto di tale Andrea Matteucci, un omone dallo sguardo basso, innocuo, e dai modi goffi e impacciati, che viene accusato dell'omicidio. In una sconvolgente liberatoria confessione l'uomo svelerà che quello della giovane Albana è solo l'ultimo dei suoi delitti. In un crescendo di puro orrore i dettagli delle lugubri abitudini sessuali di Matteucci finiscono nei fascicoli degli inquirenti, fino alla scoperta dell'ultimo orribile segreto che custodisce. Un segreto che lo riporta indietro nel tempo, ai suoi diciott'anni e indietro ancora, fino a quel bambino impaurito e disperato che vive ancora dentro di lui. Una storia dove amore e morte si avvinghiano in una danza macabra che non si potrà scordare, e che ha fatto per sempre di Matteucci una "buia autentica stella nera"
Milena Quaglini, "l'Angelo Sterminatore" come è stata ribattezzata. Una storia di incredibili violenze, abusi e miserie, ma anche quella di una spietata e lucida assassina seriale. Tutto viene alla luce il pomeriggio di domenica 2 agosto 1998 quando, al centralino del 112, una voce di donna confessa tra i singhiozzi: "Ho ammazzato mio marito". I carabinieri trovano l'assassina accovacciata su un balcone. Ha vegliato per tutta la notte il cadavere del marito che ha avvolto in un tappeto. Nella stanza accanto due bambine giocano ignare dell'orrore che ha stravolto la loro famiglia. La donna si chiama Milena Quaglini, una casalinga di 31 anni. Milena era stanca dei soprusi, delle umiliazioni, delle violenze subite per anni. Eppure, i terribili dettagli, la fredda lucidità con cui l'assassinio è stato compiuto fanno sospettare gli inquirenti di una realtà ben diversa. Perché quell'uomo non è certo la prima vittima e non sarà l'ultima che Milena si lascerà alle spalle. Aveva già ucciso e lo farà ancora, sempre con le stesse ossessive giustificazioni che in un primo tempo le concederanno una pena incredibilmente mite. I giudici non avevano capito che avevano davanti una donna che da vittima, si era trasformata in una feroce carnefice. Se è vero infatti che le violenze e la dipendenza dall'alcol avevano spinto Milena Quaglini a reagire, è altrettanto vero che nell'uccidere aveva scoperto una sorta di distorto, orribile piacere che l'ha resa per sempre "una buia autentica stella nera".