23 luglio 2011. L’icona r’n’b Amy Winehouse, una delle artiste più popolari della sua generazione, viene ritrovata senza vita nella sua abitazione a Camden Town, Londra. Quello di Winehouse è un talento naturale, una capacità impressionante di scrivere e fare musica, un’abilità straordinaria di generare carisma. Sono tante, tuttavia, le ombre nella sua esistenza: la dipendenza da alcol e droghe, su tutto. La sua morte è uno choc per i fan che ha in tutto il mondo, e per il mondo musicale che perde una delle sue esponenti più libere e creative…
È il battierista - nonché il “belloccio” dei Beach Boys, la band guidata da suo fratello Brian che canta il sole, le belle spiagge, le bionde da urlo che prendono la tintarella in California. Negli anni Dennis Wilson non riesce a distaccarsi dalla figura ingombrante di Brian, considerato il genio di famiglia. Dennis sperimenta la carriera da solista, pubblicando dischi ispirati; la sua vita privata, è un disastro. Impegnato a evitare di essere “il fratello di”, finisce per frequentare compagnie discutibili - come Charles Manson e la “Family” - e passa da una relazione malandata all’altra. Fino ad arrivare, il 28 dicembre, a confrontarsi con l’unico elemento che lo sappia ascoltare: il mare.
È uno dei Rolling Stone, ma i Rolling Stone non lo considerano più uno di loro. Che suona abbastanza bizzarro, dato che Brian Jones della band più celebrata di sempre è il fondatore. Eppure negli anni si frappone una cesura significativa tra Jones e i suoi amici-nemici, Mick Jagger e Keith Richards. Tra viaggi on the road, arresti e massicce incursioni nel mondo dell’LSD, Brian si allontana sempre di più dalla band; la sua una vita “al massimo” trova epilogo nelle acque di una piscina. Quando Brian ha soltanto 27 anni.
Las Vegas, 7 settembre 1996: all’MGM Grand Garden Arena si tiene un importante match di boxe, Mike Tyson vs. Bruce Seldon. Quella sera però sarà ricordata per un altro scontro: una rissa tra gang rivali, scoppiata all’ingresso del casinò. In prima linea c’è 2Pac, stella del rap della West Coast, che da quella rissa esce vincitore. Sarà invece una raffica di colpi sparati da una Cadillac, più tardi quella notte, a porre fine alla sua vita. Una vita vissuta così, come un incontro di pugilato tra due anime opposte e complementari: la rabbia e la poesia, la strada e il benessere, la delinquenza e l’onestà. E che si conclude in modo drammatico.
Memphis, Tennessee, 29 maggio 1997. Jeff Buckley, anfibi ai piedi e sguardo all’orizzonte, ha voglia di farsi un bagno. È all’apice del suo successo, lui, che fino a poco tempo prima era nella posizione più scomoda possibile, l’unico ruolo che, nel mestiere, non si augura a nessuno: era figlio di un padre famoso, un cantante morto di overdose. Che cliché. Jeff non sarà così. Non farà la fine di suo padre. Ne ha combattute troppe, di battaglie, per buttare all’aria tutto. È stato già suo padre, a bruciarsi… Per il momento, però, è una tiepida serata di fine maggio. È l’occasione perfetta per entrare, vestito, nel Wolf River…
L’11 febbraio 2012, Whitney Houston viene trovata morta nella vasca da bagno della Suite 434 del Beverly Hilton Hotel, Beverly Hills. Causa del decesso: un collasso cardiaco, probabilmente causato dal prolungato abuso di alcol e droghe di vario tipo. Tutto il mondo è sotto shock. È la fine prematura di una carriera tanto folgorante quanto dolorosa, che dietro una patina di lustrini nascondeva un crescendo di insicurezze, traumi segreti e cadute.
Artista dalla voce preziosa e di velluto, Billie Holiday, nata Eleanora Fagan, diventa una delle voci più riconoscibili negli States, tra gli anni Trenta e gli anni Cinquanta. Il successo non le fa dimenticare una giovinezza tormentata, che include le botte, il carcere, lo stupro. Dipendente dall’eroina e per questo nel mirino dei federali, Billie applica sulla sua pelle e sulla sua anima d’artista un brano, Strange Fruit, che le ricorderà per sempre le angherie e le umiliazioni subite dalla sua gente, tra linciaggi e razzismo, in un’America lacerata dalle sue contraddizioni…
Il viso terreo, lo sguardo vuoto, il timbro profondo che fa a pugni con delle fattezze angeliche. Braccia e gambe si muovono a scatti, come se appartenessero a qualcun altro. Quando si esibisce, Ian Curtis non somiglia a nessuno. Coi Joy Division, nella Manchester di fine anni Settanta, porta sul palco un modo inedito di interpretare il punk, esprimendo con gesti e parole tutta la desolazione dell’animo umano. Oltre la performance però, c’è il dramma privato: l’epilessia, che giorno dopo giorno si impossessa di Ian, facendogli perdere il controllo del suo corpo come sembra accadere quando canta. Perché all’arte e alla malattia Ian si concede totalmente.
La sua arte ha influenzato generazioni e generazioni di musicisti venuti dopo di lui. Eppure l’intera esistenza di Robert Johnson, bluesman dal genio inarrivabile e ispirativo, è velata nel mistero. La sua stessa morte, avvenuta quando lui ha soltanto 27 anni, viene fatta risalire a cause diverse ed eterogenee. Robert Johnson è letteralmente stato inghiottito dalle polveri del tempo, pur avendo lasciato un’eredità straordinaria. La sua vita di artista black sottopagato è legata a una leggenda seducente, ambientata sul delta del Mississippi: quella dell’incontro con il diavolo, davanti a un crocicchio. Il diavolo gli compra l’anima, e lo ripaga regalandogli un talento straordinario…
È la più grande entertainer di sempre, canta da Dio, è anche un’attrice straordinaria. Ma l’ansia da prestazione e il successo precoce hanno martoriato l’animo di Judy Garland, artista divina tormentata dalle dipendenze da alcol e pillole. La depressione, alternata a picchi espressivi a oggi rimasti ineguagliati, accompagneranno la sua esistenza sofferente per lei e, in un crudele gioco di contraddizione, indimenticabile per le migliaia e migliaia di fan che ha ancora oggi.
È il principe del soul, la sua voce è sensuale, cattura e racconta le trasformazioni morali e civili dell’America dagli anni Cinquanta agli anni Ottanta. Eppure Marvin Gaye vive un’esistenza tormentata e dura, vessata dal ricordo di un padre violento e autoritario; nonostante i successi, la vita pensa sempre a chiedergli un conto troppo salato. Gli toglie Tammi Terrell, una collega che lo ispira e lo motiva a far bene, che muore giovanissima a causa di un cancro; e lo riporta davanti al suo terrore più grande, quel padre religioso che ha sempre detestato suo figlio, fino alle estreme, beffarde conseguenze.
La storia di Elvis, il Re che arriva da Memphis per trasformare la storia del rock e del costume, la conoscono in molti. Elvis non è un artista, è una bomba, un’esperienza, una rivoluzione copernicana. Un genio che fino all’ultimo momento della sua vita si è consegnato al pubblico, di fan, certo, ma anche di tanti altri grandi artisti ispirati dalla sua grandezza. Come Bruce Springsteen, come i Beatles, che con Elvis hanno degli incontri avventurosi e anche… bizzarri. Elvis, bruciando le tappe e bruciando sé stesso, è stato il daimon per intere generazioni di rocker.
Los Angeles. Janis Joplin, il 4 ottobre 1970, si è appena iniettata una dose di eroina pura quasi al 50%, quattro volte più del normale. È un’icona del rock dai capelli fulvi, buffona e musa, che ha lottato una vita intera per imporsi come artista. Anche se, al contempo, ha sempre cercato di compiacere gli altri, sin dagli anni dell’infanzia a Port Arthur, in Texas. Una lettera, nella reception della stanza d’albergo di cui è ospite il 4 ottobre del 1970, forse potrebbe cambiarle la vita. Una lettera firmata dall’unica persona che forse abbia mai amato. Una lettera che Janis non aprirà mai…
Il suo folk indie e malinconico ispira una generazione intera, artisti come Madonna e registi come Wes Anderson e Gus Van Sant, e gli fa ottenere perfino una candidatura all’Oscar. Nella vita di Elliott Smith, però, la voglia di ambizione e di fama sono inferiori a quella di essere una persona, un ragazzo comune con tante cose da dire attraverso la musica. Fiaccato da depressione e abusi di droga e alcol, conduce un’esistenza mite, dolce come le sue canzoni, inclusa quella Between the bars che è ancora oggi un cult. Il suo addio al mondo, fasciato di mistero, ancora oggi provoca dolore.
L'episodio contiene un brano inedito di Morgan dedicato a Luigi Tenco. La storia di Luigi Tenco non è una parabola: non vi sono momenti di splendore alternati da picchi di buia sofferenza. Luigi era un poliedro del quale, agli altri, interessava sempre e soltanto una faccia: quella del bel tenebroso che scrive canzoni tristi, ottimo per rimorchiare, un po’ meno per trascorrere una serata. Luigi ha preso in mano la sua vita e ne ha fatto ciò che voleva. Non seguiva la moda, non compiaceva i discografici, non fingeva di essere qualcuno che non era. È forse questa la vera libertà: essere sé stessi in un mondo che non ti vuole.
Mia Martini è stata una delle più importanti cantanti del nostro Paese. La più grande, forse.Una voce potente, un aspetto fiero, un carattere focoso che sa farsi valere, ma, soprattutto, una estrema consapevolezza di un talento che non si può nascondere. Perché dovrebbe?Ma una donna così non piace. Non è svenevole, non è frivola, non è fragile. E arriva la calunnia. Una calunnia nera, irosa, di invidia volgare. Una calunnia che è un marchio difficile da togliere. Così Mia cerca di togliersi la pece dalle ali per tornare a salire, sempre più su. Non si farà trascinare. Ma la storia non sempre è gentile con le eroine.
MSulla carta è un rapper anomalo. Mac Miller è un artista bianco, dalla barbetta rossa, lontano da ogni cliché. Nato nel gennaio del ’92, Malcom “Mac” è un giovane uomo che ha voglia di performare, di esibirsi, e di farlo a tempo. Il suo rap è onesto, così come onesto è lui, che non ha paura di volare con ali di Ikaros anche se le sue sono bruciate, né di cantare le sue vulnerabilità. Passato alle cronache anche come fidanzato di Ariana Grande, Miller è un musicista che non ha mai avuto paura di raccontare i suoi sentimenti.
L’8 aprile 1994, a Seattle, un elettricista trova il corpo senza vita di Kurt Cobain. Le dinamiche appaiono subito chiare, il ragazzo si è iniettato eroina e si è sparato in testa con un fucile. Aveva ventisette anni. La parabola di Kurt Cobain è stata una storia di dolore: fisico, psicologico, emotivo. Dal primo all’ultimo giorno, Kurt ha sofferto il suo essere umano, le sue idiosincrasie, i suoi tormenti. Almeno fino a quando non prendeva in mano la chitarra, saliva sul palco, e permetteva al malessere di uscire da sé attraverso il bel canto. Kurt Cobain, si sa, ha trascorso la sua breve vita a combattere, essenzialmente, contro due cose: il mondo e sé stesso.