Le Olimpiadi di Roma del 1960 rappresentano la rinascita di un intero Paese uscito dalla guerra profondamente segnato e tuttavia animato dalla voglia di rimettersi subito in piedi. Tre sono i protagonisti principali di questa impresa ancora prima che sportiva, politica e diplomatica: Giulio Onesti, il primo Presidente del Coni dell’Italia post-fascista, Giulio Andreotti, il politico che forse più di tutti intuì l’importanza dello sport nella ricostruzione del nostro Paese e Salvatore Rebecchini, il primo sindaco della Capitale del Dopoguerra che, tra luci e ombre, seppe avviare lo sviluppo urbanistico necessario a sostenerne la candidatura. Sul piano puramente sportivo, le vittorie italiane più belle rimangono certamente l’oro di Nino Benvenuti, quello di Livio Berruti, e naturalmente l’oro e l’argento dei fratelli D’Inzeo. Ma se quell’edizione rimane ancora fissata nella memoria è soprattutto per la presenza di tre outsider, e tutti e tre di colore: Abebe Bekila, Muhammad Ali e Wilma Rudolph.