Fast fashion e ultra fast fashion, la moda veloce e quella velocissima. Ciò che compriamo a pochi euro e consumiamo molto rapidamente che impatto ha sulla nostra vita, sul pianeta, su milioni di persone che lavorano nella produzione tessile in condizioni di miseria? Ogni anno arrivano sul mercato 150 miliardi di capi di abbigliamento che una volta dismessi finiscono sulle spiagge del Ghana, nei deserti del Cile, o che letteralmente ci mangiamo sotto la forma delle microplastiche che inquinano gli oceani. E in cima alla catena uno scandaloso sfruttamento di esseri umani. Viaggio in un incubo del nostro tempo
Era il paradiso dei Caraibi, oggi Haiti sembra l'inferno sulla Terra. Il 90 per cento della capitale Port-au-Prince è in mano a quasi 200 gang che seminano il terrore. La crisi alimentare e sanitaria ha raggiunto i livelli delle aree più remote dell'Africa. Eppure siamo a un'ora di volo da Miami, come si è arrivati fino a questo? Per capirlo, bisogna riavvolgere la storia. Dall'assassinio del presidente Moïse nel 2021 indietro sino alla dominazione coloniale spagnola e francese. Ma anche la natura si è accanita contro questa metà dell'isola. Dal terremoto del 2010 e nonostante gli aiuti internazionali, Haiti sembra non riuscire più a rialzarsi. Perché?
L'uccisione a Teheran di Ismail Haniyeh, il leader di Hamas, apre nuovi interrogativi sul Medio Oriente e sulla grave crisi internazionale. L'approfondimento sugli scenari geopolitici, la ricerca delle risposte degli attori internazionali, il ruolo dell'Unione Europea e dell'Italia, impegnata con i suoi soldati nella missione di pace in Libano.
Un paese ricco di risorse dovrebbe essere considerato privilegiato eppure esiste un posto nel mondo dove invece si parla di Maledizione delle risorse, è il Congo. Ci sono metalli preziosi e terre rare, quelle che servono per la tecnologia, per la transizione ecologica. Ha un sottosuolo ricchissimo eppure le persone vivono una condizione di povertà estrema. Lì si combatte quella che è stata definita la Guerra Mondiale Africana. Lì gli Stati, le grandi potenze globali, stanno combattendo perché nessuno è disposto a rinunciare a quel tesoro inestimabile.
Tre anni fa, nell'agosto 2021, i talebani rientravano a Kabul. Negli stessi giorni migliaia e migliaia di militari dei contingenti internazionali si ritiravano precipitosamente dalla capitale afghana. Un ritiro che assomigliava ad una fuga. Dietro di loro non solo basi, armi e mezzi abbandonati ma soprattutto un popolo disperato che per venti anni aveva respirato l'aria della libertà pur in mezzo a tremende sofferenze. A che erano serviti dunque migliaia di caduti, combattimenti senza tregua, ferite profondissime nei corpi e nelle anime? E come vive chi, ancora oggi, porta dentro di sé l'orrore di quella guerra?
Nello spazio attorno a noi volano ventimila satelliti, negli abissi marini sono depositati cavi per un milione e mezzo di chilometri. Le grandi potenze hanno ripreso la corsa alla Luna (in realtà come tappa verso il vero obiettivo che è Marte) mentre cercano i modi per sfruttare le immense risorse del fondo degli oceani. Nel subacqueo e nello spazio sono in corso colossali partite per il dominio, partite che vedono come protagonisti Cina, Russia, India, Stati Uniti e in parte l'Europa. E non solo: dei ventimila satelliti in orbita seimila appartengono ad un imprenditore privato, Elon Musk.
Tra i ghiacci, in un angolo incontaminato del pianeta, è in corso una guerra per il controllo di un territorio che è diventato strategico. L'Artico è la nuova trincea lungo la quale si fronteggiano due protagonisti su tutti: gli Usa e la Russia, con Vladimir Putin deciso a vincere la sfida per il dominio di un'area che considera vitale per gli interessi russi. E anche la Cina e l'Europa fanno le loro mosse in una partita la cui posta in gioco è altissima. Perché nell'Artico si trovano le risorse energetiche e i minerali che servono per la transizione energetica e qui, con lo scioglimento dei ghiacci, si scoprono nuove rotte commerciali e militari e si disegnano nuovi equilibri geopolitici.
C'è una questione che non è politica ma potrebbe avere un impatto molto significativo sulla campagna elettorale americana. È quella del Fentanyl, l'ultima droga. Una sostanza potentissima che sta mettendo a rischio un'intera generazione di americani. Le vittime sono sempre più giovani, adolescenti e nessuno ha ancora trovato il modo per combatterla
Fast fashion e ultra fast fashion, la moda veloce e quella velocissima. Ciò che compriamo a pochi euro e consumiamo molto rapidamente che impatto ha sulla nostra vita, sul pianeta, su milioni di persone che lavorano nella produzione tessile in condizioni di miseria? Ogni anno arrivano sul mercato 150 miliardi di capi di abbigliamento che una volta dismessi finiscono sulle spiagge del Ghana, nei deserti del Cile, o che letteralmente ci mangiamo sotto la forma delle microplastiche che inquinano gli oceani. E in cima alla catena uno scandaloso sfruttamento di esseri umani. Viaggio in un incubo del nostro tempo