È un viaggio autobiografico nell'Italia conosciuta stazione dopo stazione attraverso i ricordi di un bambino cresciuto sui treni (anche perché il papà fino a 40 anni non aveva ne auto ne patente). È un viaggio dietro il paesaggio, perché le ferrovie entrano nelle città dalla porta di dietro e permettono di guardare il paese non come vuole apparire, ma dietro le quinte. È un viaggio nel tempo per misurare un cambiamento reale, il trionfo del privato sul pubblico e la difficile trasformazione di un sistema (quello ferroviario) che a lungo è rimasto uguale a se stesso mentre intorno tutto cambiava; a colpi di modernizzazione forzata il sistema ha cercato di recuperare il tempo perso, accelerando, cambiando velocità, identità e look.