Il 1 giugno 1940, mentre le truppe hitleriane stanno travolgendo Parigi, sei grandi navi della Marina Militare Italiana lasciano la Libia, dirette verso l'Adriatico settentrionale. A bordo non ci sono soldati, ma bambini, 13.000 bambini, tra i quattro e i dodici anni tutti figli di quei ventimila contadini che il regime ha convinto pochi mesi prima a mettere radici sulla "quarta sponda" d'Italia. I genitori li salutano dalla banchina del porto. I bambini sono invitati a passare un mese di vacanza di sole e mare nelle colonie estive dell'Adriatico: Cattolica, Igea Marina, Cesenatico. Pochi giorni dopo, il 10 giugno, l'Italia entra in guerra a fianco del terzo Reich. Le navi servono alla guerra, e il Mediterraneo è sotto il controllo dalla Marina inglese. Il ritorno è rimandato mese dopo mese. Per i piccoli coloni comincia una sorta di sequestro organizzato che li strapperà alle loro famiglie per più di sette anni. Quando poi nel 1943 la guerra dilaga tra i civili, i bambini vengono rifugiati in istituti privati e collegi. Molti di loro tentano la fuga per raggiungere i loro genitori e di loro si perdono le tracce. Man mano che gli alleati risalgono l'Italia, i ragazzi vengono affidati alla Croce Rossa Internazionale gestita dal governo inglese. La CRI li raduna e per anni cercherà di rimandarli alle famiglie di origine ma in Libia tutto è cambiato. Migliaia di bambini, partiti con un grembiulino estivo e i sandaletti per una breve vacanza lontano dai genitori, ritorneranno a casa ormai adulti, in un mondo trasformato da anni di conflitto. Per molti di loro nessun ritorno sarà possibile, per altri sarà possibile soltanto contemplare le rovine di quelle che un tempo erano state le loro case.