A venti anni dalla strage che a Palermo uccise il giudice Paolo Borsellino, la vedova Agnese, in esclusiva per La Storia Siamo Noi, rompe il silenzio per ricordare gli angeli di suo marito Paolo, la scorta che perse la vita insieme al Giudice. I 57 giorni sono quelli che separano la strage Falcone da quella Borsellino, a sottolineare quanto, dopo Capaci, il delitto Borsellino fosse annunciato. La cosa che emerge con più forza è come il giudice si preparasse alla morte, cercando pure di attardarsi da solo per dare la possibilità agli assassini di ucciderlo senza coinvolgere la scorta. Invece furono in cinque a cadere in via D'Amelio, dove una Fiat 126 imbottita di tritolo esplose nel momento in cui il giudice bussava al citofono della madre. APPROFONDIMENTO - Il Pool Nel 1980 si costituisce il "pool" antimafia nel quale, sotto la guida di Chinnici lavorano, fra gli altri, alcuni magistrati (Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Giuseppe Di Lello, Leonardo Guarnotta, Giovanni Barrile) e funzionari della Polizia di Stato. Uno dei primi esempi concreti del coordinamento operativo fa la collaborazione fra Borsellino e Di Lello, che il giudice Chinnici aveva voluto e richiesto in squadra. Di Lello prendeva giornalmente a prestito la documentazione che Borsellino produceva e gliela rendeva la mattina successiva, dopo averla studiata come fossero "quasi delle dispense sulla lotta alla mafia". Nel 1987, mentre il maxiprocesso si avviava alla sua conclusione, il Consiglio Superiore della Magistratura il 19 gennaio 1988 nomina Antonino Meli; ma per non sciogliere il pool, Borsellino parla in pubblico a più riprese, raccontando quel che stava accadendo alla procura di Palermo. In particolare, in due interviste rilasciate il 20 luglio 1988 a la Repubblica ed a L'Unità, riferendosi al CSM, dichiara tra l'altro espressamente: "Si doveva nominare Falcone per garantire la continuità all'Ufficio, hanno disfatto il pool antimafia, hanno tolto a Falcone le grandi inc